La moralità della signora Dulska di Gabriela Zapolska (1907)

 

Note introduttive sull’autrice e sull’opera

 

Gabriela Zapolska (1857-1921), pseudonimo da lei scelto, fu una delle donne di teatro e figure letterarie più interessanti e sorprendenti nel panorama europeo del suo tempo. Anticonformista, innovatrice instancabile, suffragetta, capace di ribellarsi ai pregiudizi e alle consuetudini e di rialzarsi e reinventarsi dopo ogni sconfitta, fu autrice teatrale, scrittrice di racconti e di romanzi di appendice, attrice, critica d’arte e giornalista, fondatrice di compagnie teatrali e di scuole di recitazione. Visse nella Polonia invasa e divisa tra gli imperi di Russia, Prussia ed Austria, recise il legame impostole dalla famiglia e si costruì coraggiosamente una carriera teatrale e letteraria a tutto tondo. Si trasferì dalla Galizia a Leopoli, a Varsavia, a Cracovia per lungo tempo, poi infine nuovamente a Leopoli dove si spense all’età di 64 anni.

 

La sua vita girovaga fu segnata da un soggiorno a Parigi all’età di 32 anni, quando cercò la sua strada nel cuore della cultura europea, venendo a contatto con esponenti della letteratura naturalista e della pittura post-impressionista nonché con altri letterati e artisti polacchi immigrati di fede socialista che influenzarono il suo pensiero. Della sua produzione, variegata e copiosissima, si ricordano soprattutto le commedie socio-satiriche che le hanno valso la fama d’iniziatrice del teatro naturalista in Polonia. In esse Zapolska affronta temi insoliti per l’epoca, quali le ingiustizie sociali, lo sfruttamento, la prostituzione, le malattie veneree, ma mitiga il realismo con l’umorismo, l’esagerazione e il grottesco.

 

La moralità della signora Dulska, una tragicommedia farsesca in tre atti, è la sua opera più tradotta e rappresentata, in Italia per la prima volta nel 1953. È un piccolo capolavoro del suo genere, con personaggi e situazioni memorabili e dialoghi efficaci che combinano il pathos e la denuncia sociale con il farsesco e un’arguzia di sapore wildiano (tra tutte, si segnala la scena IX, Atto I ̶̶ con implicazioni autobiografiche per l’autrice ̶ in cui la signora Dulska riceve l’inquilina che ha tentato il suicidio ingerendo fiammiferi).

 

La storia

 

 

 

La Signora Aniela Dulska è la proprietaria di un palazzotto di più piani dove, oltre a lei e alla sua famiglia, abitano i suoi affittuari. Ci sono un portiere e un cortile, e la signora Dulska controlla e sovraintende a tutto ciò che avviene a casa, nella sua famiglia e nel palazzo. È prepotente, spilorcia, perbenista, attenta alle apparenze e a ciò che dice la gente più che alla vera morale e ai valori sinceri. È l’arrogante rappresentante dei tratti meno edificanti di una piccola borghesia impegnata nella scalata sociale. Il suo cambiare abito in casa, a seconda delle circostanze e dei visitatori, è l’espediente scenico e simbolico che sottolinea la sua duplicità e falsità.

 

La signora Dulska è una matriarca, suo marito Felicjan non conta nulla e vaga, pressoché muto, per la casa. La Dulska è ossessivamente concentrata sul figlio primogenito, Zbyszko, unico maschio, un giovane che ama divertirsi, soprattutto di notte, ed esibisce un comportamento che all’epoca veniva definito “libertino”. Zbyszko è allegro, viziato, un po' cinico, con velleità socialisteggianti; cerca di ribellarsi a sua madre, ma poi, per debolezza ed egoismo, si arrende al suo volere. È un eterno bambino, come indica il suo nome: l’antico nome slavo Zbyszko, diminuitivo di Zbigniew.

 

Zbyszko ha due sorelle più piccole, le liceali Hesia e Mela. Hesia, la maggiore, è vivace, rumorosa e vorrebbe diventare una “libertina” come suo fratello; è arrogante e classista come sua madre, candidata a diventare come lei in età adulta, o forse, più verosimilmente, come la Juliasiewiczowa, la mondana cugina e consigliera della signora Dulska. La sorella minore, Mela, al contrario, è pia, obbediente, romantica, essenzialmente ingenua; ignara dei fatti del mondo, crede al lieto fine, come nelle fiabe e nei romanzi di appendice. L’ingenuità di Mela, in contrasto con la realtà rappresentata dalla domestica Hanka e dalla Juliasiewiczowa, dà origine ad alcuni scambi tragicomici perfettamente riusciti dal punto di vista dialogico e scenico.

 

Hanka, giovane “serva” un po' maldestra, arrivata dalla campagna, è sfruttata dalla signora Dulska e corteggiata/molestata da Zbyszko. Invano Hanka cerca di troncare il suo servizio presso la famiglia, come raccomandatole dal suo prete confessore: la signora Dulska è troppo tirchia per lasciarla andare, a maggior ragione perché, consigliata dalla Juliasiewiczowa, ha trovato in Hanka un sistema a costo zero per tenere a casa Zbyszko di sera. La signora Dulska finge di ignorare che Zbyszko sta seducendo Hanka, ma quando apprende dalla Juliasiewiczowa che Hanka è incinta, non può sopportare lo scandalo e l’arretramento sociale che comporterebbe l’avere in famiglia una domestica contadinotta, e scaccia Hanka.

 

Zbyszko in principio resiste, dice di voler sposare Hanka che da quel momento avrebbe diritto a sedere sul divano, accanto alla signora Dulska. Si dichiara stanco di sua madre e dei falsi valori che rappresenta; poco dopo, tuttavia, soccombe docilmente alle obiezioni della Juliasiewiczowa che gli prospetta un futuro triste e sacrificato se sposerà la domestica. Così Hanka, ignorata da Zbyszko e affiancata dalla sua madrina, la lavandaia Tadrachowa, accetta la proposta di risarcimento fattale dalla Dulska sotto suggerimento della Juliasiewiczowa. Divenuta però improvvisamente scaltra, ferma e consapevole, pur nella sua solitudine e nel suo dolore, Hanka esce vittoriosa dalla contrattazione, riuscendo ad imporre il suo prezzo: mille corone.

 

Hanka va via, lasciando Mela disperata e preoccupata, Hesia ilare e trionfante, la signora Dulska indifferente. La vita nel palazzotto riprende come se nulla fosse successo. Zbyszko: non pervenuto!

 

Successo dell’opera

 

La tragicommedia ebbe immediatamente un enorme successo in tutta la Polonia. Ci furono ben 87 repliche nella stagione teatrale 1906-07 a Cracovia e ben 5000 spettatori assistettero alla rappresentazione nel marzo 1907. L’autrice scrisse quindi due sequel: i racconti La signora Dulska al cospetto del giudice e La morte di Felicjan Dulski.

 

Ci furono in seguito diversi adattamenti radiofonici e cinematografici, il primo dei quali fu il primo lungometraggio polacco ad avere il sonoro, registrato su grammofono! Inoltre, nel 1989, dalla commedia fu tratto un musical di successo che evidenziava l’aspetto erotico del testo e sceglieva un effetto estraniante e cabarettistico nella messa in scena. Il musical fu poi tradotto in inglese e rappresentato con successo a Londra. A confermare la vitalità dell’opera, l’ultima riscrittura cinematografica, del 2015, è attualmente visionabile su Netflix e ha come protagonista un’immaginaria nipote della signora Dulska, che s’incontra con sua madre Mela e con il figlio di Hanka e Zbyszko nella casa di famiglia.

 

Una curiosità linguistica: il termine dulszczyzna è entrato nel vocabolario polacco. Potremmo tradurlo in italiano con dulskaggine o dulskasía. Il termine indica un insieme di comportamenti caratterizzati da ipocrisia o doppia moralità, dalla mancanza di un’opinione personale e dalla tendenza ad accettare l’opinione dominante, preoccupandosi di non essere mai giudicati né giudicabili.

 

In conclusione, La moralità della signora Dulska è una tragicommedia al femminile, l’opera riuscita di una speciale drammaturga polacca, pioniera nell’Europa a cavallo tra i due secoli scorsi.

 

Miriam Giorgio